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sabato 28 luglio 2018

Suore di clausura Novara

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Le donne che sentono nel proprio cuore di avere la vocazione alla vita matrimoniale, ma non riescono a trovare un fidanzato cristiano, possono leggere il seguente annuncio di un ragazzo che sta cercando una donna che sia fedele agli insegnamenti della Chiesa Cattolica. Cliccare qui per leggere l'annuncio.


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Alle donne che cercano un buon monastero di suore di clausura a Novara (Piemonte), o in altre città italiane, nel quale poter fare un'esperienza vocazionale per riflettere sullo stato di vita da eleggere, consiglio di scegliere uno tra i migliori, cioè uno nel quale il carisma dell'Ordine religioso preferito viene vissuto con maggiore perfezione e carità. La vita religiosa è meravigliosa, poiché consente di vivere più uniti a Gesù buono e di seguire più facilmente la via della perfezione cristiana.

Bisogna darsi da fare per ubbidire alla divina vocazione. Ecco cosa diceva Sant'Alfonso Maria de Liguori: Ho detto che le religiose che si son date tutte a Dio godono una continua pace; ciò s'intende di quella pace che può godersi in questa terra, che si chiama valle di lacrime. In cielo Dio ci prepara la pace perfetta e piena, esente da ogni travaglio. Questa terra al contrario è luogo per noi di meriti; e perciò è luogo di patimenti, ove col patire si acquistano le gioie del paradiso. 


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Dagli scritti di Padre Alfonso Rodriguez, S. J. (1526-1616).


Di alcune altre cause d'inosservanza delle regole e del loro rimedio

   Talvolta l'inosservanza delle regole deriva da dappocaggine o da grettezza d'animo, o, per meglio dire, da immortificazione, per la difficoltà che si prova nel chiedere i permessi al superiore per le cose che non si possono fare senza di esso. Sarà opportuno chiarire queste difficoltà. lo non dico di non bere, di non mangiare, di non parlare, di non prendere quello che un altro vuole dare; ma dico di non farlo senza permesso. Perché vorreste fare senza la benedizione di Dio e dei superiori quello che potreste fare lecitamente dopo averla avuta? Voi dite: Bisogna andare tante volte dal superiore per delle sciocchezze? È occupato; si annoia! Ecco l'inganno da cui vorrei trarvi fuori. Non soltanto i superiori non si annoiano, ma anzi è una delle cose questa che li fa contenti e li edifica, perché questo è il loro ufficio. È cosa così bella che tu sia un monaco obbediente, che non sappia far nulla senza permesso, che tu meriti e progredisca sempre più, che il superiore spende bene il suo tempo, quando dà tutti i permessi che sono necessari. Inoltre sapendo che quello è il suo ufficio, che per esso è stato messo a quel posto, non può annoiarsene, ma rallegrarsi ogni volta che vede venire a sé un religioso. Come i mercanti e gli artigiani non si infastidiscono quando vedono la gente accorrere a loro, offrendo l'occasione di esercitare il loro mestiere, anzi più gente si avvicina e più se ne rallegrano, così i buoni superiori; pensare il contrario di essi è non stimarli bravi superiori.
   Inoltre: come potrebbe infastidirsi il superiore perché andate a chiedergli il permesso, se sa che non potete farne a meno? Se andaste a lui per delle inezie o per cose che possono farsi senza licenza, allora avrebbe ragione d'infastidirsi; ma per quello che è espressamente indicato dalla regola, piuttosto si rallegra, perché è una gioia per lui vedere i sudditi osservanti delle regole e puntuali nell'obbedienza, diligenti anche nelle piccole cose. Al contrario si dispiace quando vede che non si va da lui per le cose necessarie e se ne rattrista, perché vede che i sudditi diventano indipendenti e si azzardano a far le cose senza permesso, come se nella casa non ci fosse un superiore a cui ricorrere e non ci fosse una regola da osservare. Come un buon padre, il superiore ne soffre, perché desidera il nostro bene; questo perciò non dovremmo farlo, per non procurargli dispiacere.
   Da ciò si deduce che, come non dobbiamo trovare alcuna difficoltà ad andare dal superiore a chiedere un permesso, perché sappiamo ch'egli sa che non possiamo; per regola, agire senza il suo permesso; così non dobbiamo avere difficoltà a dire ad un confratello che non abbiamo permesso per fare quello che anch'egli sa essere contro la regola, o che non possiamo farlo senza permesso. Questo è avvertimento importantissimo, perché alcuni trasgrediscono le regole per non mortificarsi dicendo: «Non ho il permesso di parlare; oppure di ricevere, o anche di dare». Talvolta costoro si scusano dicendo che non hanno voluto mortificare il confratello o che non hanno osato dire che non potevano. Si giudica in questo modo l'altro poco religioso e poco osservante: l'altro non rimarrà mortificato, ma ammirato della vostra osservanza! Chissà che non abbia voluto provarvi in quella occasione per vedere come osservate le regole. Mostratevi religiosi quali siete, osservanti delle vostre regole, perché ciò non sembrerà strano a nessuno, ma ottimo.
   Altri si scusano dicendo: «Non volevo sembrare scrupoloso!». Anche questa non è una buona scusa! Essere osservante delle regole non è essere scrupoloso, ma religioso; e vergognarsi di sembrare un religioso, vero servo di Dio, non sarebbe certo una bella cosa! Questo è uno degli abusi del mondo: appena qualcuno comincia ad esercitare un po' di virtù, a frequentare i sacramenti, a stare un po' raccolto, subito si mormora e si fanno beffe su lui; perciò molti non si dedicano apertamente all'esercizio della virtù, come dice il Vangelo di quell'uomo di riguardo che si recò da Cristo di notte, perché non osava andarci di giorno (Cfr. Io. 3, 2). Ma nella vita religiosa avviene il contrario, e noi dobbiamo fare in modo che sia sempre così. Tra gli altri benefici di cui godiamo in essa c'è questo, che si stabilisce tra noi una gara, e chi è più virtuoso è più stimato. Del resto il buon religioso deve aver posto così salde fondamenta nella virtù e nell'amor di Dio che, anche se trovasse in essi qualche contraddizione, non dovrebbe desistere dalla via del bene, né vergognarsi di sembrare un religioso; e chi se ne vergognasse, dovrebbe temere che anche il Figlio di Dio non si vergogni di lui davanti al Padre, come dice il santo Vangelo (cfr. Lc 9, 26). Se un cavaliere tenesse un servo per farsi accompagnare e far scorta d'onore, e il servo fosse così pieno di sé da starsene a bella posta parecchio lontano da lui quando esce, per non sembrare il suo servo, evidentemente sarebbe subito licenziato. Ora, proprio tale castigo deve temere di meritare chi si vergogna di sembrare servo di Dio e osservante delle sue regole.
   Perché rimaniamo di ciò più persuasi è bene riflettere che non soltanto quelli di casa, ma anche le persone del secolo sono bene edificate quando vedono dei religiosi puntuali nell'osservanza, come quando, suonando il segnale di un atto comune, diciamo loro: «Signore, suona questo o suona quello!», e lasciando la conversazione con buona grazia, ci accomiatiamo per correre dove ci chiama l'obbedienza. Sappiamo bene che molte persone del secolo sono rimaste più edificate da questo gesto che da quello che avremmo potuto dir loro ancora, continuando la conversazione, e che quanto più la persona che si comporta così è anziana e dotata, tanto più ne son rimasti edificati. Di modo che la puntualità e l'esattezza nell'osservanza delle regole e il manifestare chiaramente che si ha bisogno di permesso per rimanere con lui, perché l'altro lo sappia, non è segno di sgarbatezza, anche se chi lo fa è un Padre molto anziano; e neppure segno di scrupolosità, ma di fedeltà; pertanto nessuno può esserne offeso, ma piuttosto edificato. Se ci fosse qualcosa di singolare o di straordinario, sembrerebbe giustificato il dire: «Non voglio sembrare singolare; non voglio che mi si creda ipocrita»; ma qui si tratta né più, né meno dell'osservanza della regola. Inoltre, si chiude cosi una volta per sempre la porta a cose simili; se invece la si lascia aperta, c'è pericolo di essere assalito anche altre volte. E oltre il bene che si fa a se stesso, si fa un gran bene anche al fratello, perché forse lui non faceva grande attenzione a quel punto dell'osservanza ed ora ci bada e lo stima.
   Nella Cronaca dell'Ordine di S. Gerolamo si narra che un religioso brillava per il suo silenzio ed era perciò stimato da tutti. Un gran signore udì tale fama e si recò al monastero spinto dal desiderio di parlargli; vistolo mentre si recava nell'orticello, cominciò a seguirlo da vicino e a chiamarlo, ma il servo di Dio né si fermò ad aspettarlo, né gli rispose parola. Camminando cosi uno dietro l'altro, giunsero nell'orto, dove il sant'uomo si gettò a terra e disse a colui che gli parlava, mentre si chiudeva gli occhi con la mano:
   - Signore, ignorate forse che non posso parlare senza permesso del superiore?
   Dette queste parole rimase prostrato a terra e non parlò più; visto ciò quel signore non volle essere più importuno; e la storia aggiunge che se ne tornò a casa più edificato di tanta fedeltà al silenzio, che se fosse riuscito a fare un lungo discorso (Cap. 21).
   Di un altro santo religioso dello stesso Ordine la stessa Cronaca narra che tra le altre virtù aveva quella di parlar poco, specialmente nei tempi di silenzio e in certi luoghi, come la Chiesa e il chiostro. In tali luoghi non solo non parlava, ma non rispondeva neppure a chi gli parlava. Avvenne una volta che il re don Enrico si recò al monastero e, passando per il chiostro, vide quel religioso e lo chiamò per parlargli, perché lo amava molto per la santità della sua vita. Ma quello non si curò di fermarsi né di rispondere; il re, visto che non gli rispondeva, cominciò ad alzare la voce ed a seguirlo, continuando a chiamarlo. Ma il servo di Dio non si fermò, né rispose, finché non furono usciti dal chiostro. Quando entrambi ne furono fuori, il re chiese al servo di Dio perché non gli avesse risposto, e quello spiegandone la causa gli disse:
   - Nel chiostro dove la Maestà vostra mi chiamava, noi religiosi non possiamo parlare; ecco perché non ho risposto finché non ne siamo usciti. La storia dice che il re rimase molto edificato da quella risposta.

[Brano tratto da "Esercizio di perfezione e di cristiane virtù" di Padre Alfonso Rodriguez].